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Il territorio le varie zone del territorio sul Monte Rena

 bosco di betulla - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.
 foglie d'autunno - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.
 terreno roccioso - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.
 roccolo - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.
 flora - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.

Segue una descrizione sommaria del territorio del Monte Rena suddivisa in diverse zone in funzione del variare delle sue caratteristiche man mano che ne percorriamo i sentieri, ed in particolare il sentiero nr. 6 - Agostino Noris.

La descrizione è tratta dall'opuscolo "Sentiero 6  "Percorso Didattico" Agostino Noris - Monte Rena, pubblicato nel 2008 dal Gruppo Sportivo Abele Marinelli in occasione del 55° anno dalla sua fondazione 

Foto nr. 1 è caratterizzata da vasti prati in moderata pendenza, con fasce boschive nelle zone marginali delle vallette - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.

La zona dei terrazzi fluvio-glaciali

Da Comenduno alla Val Brandena

Si stende a monte dell'abitato di Comenduno ed è caratterizzata da vasti prati in moderata pendenza, con fasce boschive nelle zone marginali delle vallette.

Questa zona è da sempre coltivata o tenuta a prato ed è ricca di specie vegetali perché ricca d'acqua. Infatti a questo livello il suolo è composto da argilliti impermeabili che  lasciano sgorgare in numerosi sorgenti le acque filtrate nel sistema carsico del sovrastante massiccio calcareo del Rena, formato da dolomie e calcari del triassico e del lias.

I prati alberati a monte dell'abitato sorgono sulle terre rosse (ferretto) degli antichi coltivi, ricavati su depositi alluvionali del fiume Serio, che in tempi antichi scorreva molto più in alto. 

La mulattiera è fiancheggiata da siepi arboree che delimitano il tracciato con significativa presenza del frassino maggiore. Numerosi ciliegi selvatici compaiono soprattutto in prossimità delle vallette. E' presente pure l'olmo, che qui più che altrove ha resistito alla grafiosi, un cancro che occlude i vasi che trasportano la linfa. Diffusa ed infestante è la robinia, una pianta leguminosa importata nel Seicento dagli U.S.A., dalla profumata fioritura primaverile utile alla produzione di miele ed apprezzata dai contadini per l'ottima legna da ardere.

Foto nr. 1 In zona Brandena appaiono consistenti giaciture di detriti di versante - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.

La zona di accumulo dei detriti di falda

dalla Val Brandena a Petello

In zona Brandena appaiono consistenti giaciture di detriti di versante, formate da spezzoni di roccia sbrecciati, scivolati lungo il pendio e in parte cementati dal carbonato di calcio drenato dalle piogge. Dove il materiale non è riuscito a cementare compiutamente si sono create delle cavità. 

Si può notare la presenza di noduli di selce provenienti dalle sovrastanti dolomie a concodon.

Qui si sviluppa un manto forestale di carpino nero, orniello e roverella, essenze che si adattano ad un suolo più arido.

Una volta il bosco era tagliato regolarmente per ricavarne legna da ardere ed assumeva il tipico assetto del ceduo misto. Ora si sta evolvendo verso l'alto fusto. 

Numerosi sono i fiori in tutte le stagioni: narcisi, polmonarie dai fiori azzurro violacei, primule, semprevivi e la bellissima saponaria che, con il suo rosa spesso intenso, spicca sui ghiaioni ancora scoperti. E poi ancora il rarissimo fior di stecco, la rosa di Natale, in fioritura spesso già a novembre e numerose orchidee, tutte piuttosto rare. La pervinca è tipica delle zone più ombrose ed umide.

Foto nr, 1 bosco di betulle - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.
Foto nr. 2 La Croce di San Luigi - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.

La zona delle piantagioni di conifere

da Petello alla Croce di San Luigi

E' una zona caratterizzata da terreno povero, con suolo poco profondo e rocce affioranti di dolomia con selci. Qui si stendevano le "sorti", pascoli magri su cui si tagliava lo strame (i vecchi "segaboi" che ancora persistono sotto la cima del Monte Rena), percorsi quasi ogni anno dal fuoco.

Il rimboschimento con pino nero, dopo la disastrosa alluvione del 1972, ha favorito la copertura vegetazionale e lo sviluppo delle essenze locali di carpino nero, roverella e betulla, che ora stanno soppiantando le conifere.

Foto nr. 1 Il roccolo - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.
Foto nr. 2 Cà Corté - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.

La zona dei pascoli

dalla Croce di San Luigi alla Valle Barchessa

E' una zona profondamente segnata dalla presenza dell'uomo. Sulla costa ai margini del bosco appare il bel roccolo per la cattura degli uccelli migratori con le reti, ora utilizzato come semplice capanno per la caccia da appostamento.

La vasta estensione del pascolo è nettamente segnata dallo scivolamento della cotica erbosa sotto il peso del bestiame. La vecchia casella di Cà Corté, ora ristrutturata, presentava la caratteristica struttura rustica atta a ricoverare i bovini durante l'alpeggio. Le altre caselle sono ormai diventate piccole baite in cui soggiornano periodicamente i residenti che hanno mantenuto lo spirito montanaro. 

Il bosco ad evoluzione spontanea avanza lentamente colonizzando i bordi dei prati e dei pascoli. Caratteristica è la presenza di piante di noce e di sorbo nei pressi delle caselle.

Foto nr. 1 bosco di alto fusto - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.

La zona dei boschi di alto fusto

dalla Valle Barchessa a Merà

Sul versante a sud, complice l'umidità delle vallette ed un terreno più profondo, si è sviluppato il bosco misto di latifoglie composto da essenze di castagno, robinia, carpino, orniello, ciliegi, aceri, olmi, spesso con fitto sottobosco di arbusti fra cui la lantana, il pero corvino, il maggiociondolo.

Nelle zone con suolo più acido e profondo, formato da terre rosse, è favorita la crescita dei castagneti da frutto, piantati, innestati e coltivati in passato per integrare la dieta alimentare dei contadini ed oggi in parziale stato di abbandono e intaccati dal cancro della corteccia.

Nelle zone più umide è presente l'acero.

Sono frequenti fioriture tipiche del bosco, come quella dell'anemone nemorosa e sono diffusi i funghi.

Foto nr. 1 I prati di Merà sorgono su un vecchio terrazzo fluvio-glaciale formato in epoche remote dal fiume Serio - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.
Foto nr. 2 la santella in cui nel 1994 Enrico Belotti ha affrescato una Pietà. - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.

La zona dei maggenghi

località Merà

I prati di Merà sorgono su un vecchio terrazzo fluvio-glaciale formato in epoche remote dal fiume Serio.

Si notano le tasche di terra rossa acida, formatasi in periodo glaciale per trasformazione degli strati calcareo-argillosi.

Qui prevalgono le argilliti che si disgregano facilmente dando origine a suoli profondi e fertili, umidi e acidi.

Tra le ampie distese a prato da sfalcio sorgono tipiche cascine che mantengono vivo il tradizionale allevamento del bestiame e la produzione di formagelle, che si possono anche acquistare in loco. 

Nella parte bassa c'è l'abbeveratoio con il perenne zampillo d'acqua e poco distante una santella in cui nel 1994 Enrico Belotti ha affrescato una Pietà.

Foto nr. 1 Valletta dell'Isla - Pé del Diaol in occasione di una marcia organizzata dal G.S. Marinelli - © G.S. Marinelli, riproduzione vietata.

La zona di affioramento degli strati calcarei

da Merà a Comenduno

Il percorso si snoda lungo massicce stratificazioni calcareo-dolomitiche a reggipoggio ove il terreno è sottile ed asciutto e ove, nelle zone più esposte, dominala roverella

La roccia calcarea, con diversi spessori di stratificazione, è fessurata e presenta canaletti di erosione scavati dall'acqua piovana, che penetra facilmente in profondità sciogliendo il carbonato di calcio. Più resistenti sono i blocchi di dolomia a concodon, che ingloba noduli scuri di selce (la dolomia contiene magnesio e non permette alle particelle di carbonato di calcio di entrare in soluzione).

Anche la presenza di licheni contribuisce al fenomeno erosivo della roccia. Si possono rinvenire in queste rocce fossili bivalvi, piccoli gasteropodi e colonie di coralli.

Alla località "Spundine" il sentiero scende lungo una balza rocciosa con un passaggio più impegnativo, ma non pericoloso. Poi prosegue immerso nel bosco di latifoglie, con dolci pendenze e raggiunge punti suggestivi, come il solco della fresca valletta dell'Isla in cui lo sgocciolio ha creato sulla roccia formazioni di travertino e dove giace il masso che ha alimentato la leggenda del "pè del diaol": il diavolo avrebbe lasciato le sue impronte dopo che, sotto le sembianze di un bel giovane, aveva ballato con una ragazza che, disobbedendo ai genitori, si era allontanata da casa per andare a divertirsi. 

Nella valletta la vegetazione è più fitta, con presenza di ciliegi selvatici, frassini, ontani ed aceri. Vi abbondano gli anemoni di bosco e i ciclamini.

Si sbuca infine sui prati terrazzati a monte dell'abitato di Comenduno.